Ne i oci e inte 'l core
Carla Noro
Editora: Editrice Veneta
Sinopse
Con “Ne i oci e inte 'l core” Carla Noro, poetessa raffinata e appassionata, torna a pubblicare con l'Editrice Veneta dopo il felice esordio della raccolta poetica “Dell'amore l'incanto” del 2014. La nuova pubblicazione, come suggerisce il titolo, presenta una serie di poesie in dialetto vicentino, quasi una sfida per l'autrice che abitualmente compone in lingua italiana e per la prima volta affronta invece il vernacolo, mettendo a frutto anche le esperienze di tanti anni di appartenenza al Cenacolo dei Poeti dialettali Vicentini, di cui è socia sempre attiva e generosamente partecipe. Il libro si avvale infatti di una bella prefazione della professoressa Amedea Mantovan Regazzo, presidente del Cenacolo, che spiega bene come i versi composti da Carla Noro siano “ricchi di un delicato sentimento di rimpianto per un tempo che non c’è più, ma vive nella nostra mente e nel nostro cuore con luoghi e personaggi che riempiono il ricordo”. Tra ricordi di cose e persone amate, ritratti di personaggi particolari, qualche concessione alla nostalgia e attente descrizioni di sentimenti, Carla Noro accompagna il lettore in una sorta di viaggio nella sua anima e nel suo pensare. Ogni poesia è accompagnata dalla sua traduzione in italiano, che forse sarebbe più corretto definire la “versione” italiana: infatti il dialetto, si sa, restituisce sempre l'immediato e non concede finzioni o forzature. Il verso nasce così, completo delle sue parole, perché anche solo una sillaba o un aggettivo diverso non avrebbe lo stesso suono, non farebbe lo stesso effetto. L'italiano fa da guida per chi non è avvezzo al parlato vicentino, per far capire il significato dei vari termini, però il senso della poesia non è mai esattamente lo stesso, proprio perché la natura dei due linguaggi è completamente diversa e brava è l'autrice a mantenere la stessa forza poetica in entrambe le lingue, più istintivo il dialetto, più meditato l'italiano. Una libro piacevole, da leggere e da rileggere, che si conclude – e torniamo a citale la prefazione – con un congedo alla poesia raccontata come una figlia che sta per uscire di casa: Un bacio in fronte e la lascia volare con le sue ali.