Brio e malinconia (Sbrìu e Malancunia)
Gino Ragusa Di Romano
Editorial: Luigi Pellegrini Editore
Sinopsis
Il libro di Gino Ragusa Di Romano ha il palinsesto delle vibranti malinconie. Il titolo? Suggestivo! La ricchezza è ciò che quel linguaggio-casa testimonia. Un libro importante che avvia un viaggiare tra scogli e memorie. La parola nei linguaggi della poesia si autoesclude dalla materia. La parola non conosce la materialità. Conosce l’immaginario, la fantasia, la finzione della memoria. Una finzione che è un naufragare tra lo spazio e il tempo. Sottile. Specchiante. Riflesso. Spazio-tempo. Ciò che “Brio e malinconia” emana. Il raccontare del linguaggio è comunque sempre una malinconia. Si pazienta. Si cerca l’oblio. Si giunge alla noia. Ci si abita nella parola. Chi usa la parola ha la necessità di usare il pensiero. Così nel viaggiare tra le percezioni e le emozioni. La poesia di Gino Ragusa Di Romano ha il sublime. L’estetica vive nella letteratura. Senza estetica l’arte non avrebbe senso. In questo camminare scorrendo il vocabolario del linguaggio poetico si corre il rischio di essere annientati dalla folgorazione. Il rischio? Annientati? Certo. Perché la Affabulazione ha il mistero della magia. Nulla accade per caso. Tutto ha la volontà o il volere della rappresentazione in cui il mito si legge come Potenza. La parola non è forse Potenza? La malinconia che scaccia il rimpianto non è forse volontà? Ragusa Di Romano vi sottolinea ciò. (Dalla nota critica di Pierfranco Bruni)